Salve Amici!
Questa
settimana Vi parlerò di un simbolo della Sicilia popolare e religiosa, il
Carretto siciliano. Ormai è quasi scomparso e da un oggetto di artigianato è
diventato un pezzo di antiquariato. Se ne costruisce ancora qualcuno ma a
prezzi elevati. I carradori di vecchia scuola sono pochissimi e vecchi.
La storia del
carretto siciliano è antica. Le prime decorazioni risalgono ai primi anni del
1800. Palermo, Catania, Siracusa e Trapani, sono state capitali del folklore
del carretto. Nei loro vicoli, nelle loro periferie, nelle borgate, ferveva
l'ideazione e la costruzione di questo veicolo che è un lavoro d'arte vero e
proprio. Per la sua realizzazione vi lavorava un'intera squadra di falegnami,
intagliatori, pittori, fabbri.
Il carretto è
composto da cassa, stanghe, fiancate, portello, da ruote a dodici o quattordici
raggi, altissime. La sua decorazione è molto ricca con fiori, ricami, foglie di
ferro battuto che sono avvitati ovunque e non lasciano un centimetro quadrato
senza colore o intarsio. I colori predominanti sono il rosso, il verde e
l'azzurro.
La fantasia
dell'artigiano si concentrava soprattutto sulle fiancate esterne dove la
pittura ricorre alla episodica popolare, alle vicende di santi e di briganti,
ai personaggi della tradizione, agli eroi dell'amore.
L'intagliatore
incideva le fiancate con episodi della “Gerusalemme Liberata”, Orlando, Carlo
Magno, Rinaldo, Angelica, personaggi dell'opera dei pupi. Ma non mancava
l'elemento religioso: Adamo ed Eva, miracoli di Gesù. Anche la violenza trova
una sua espressione grafica con episodi dei Vespri Siciliani o della vita del
bandito Giuliano.
A seconda delle
decorazioni e degli intagli, il carretto apparteneva a gerarchie diverse:
semplice, padronale, comune. Il semplice era a tinte unite e sola decorazione
semplicissima delle fiancate. Il padronale, costruito in legno pregiato (noce,
frassino, faggio), era intagliato dappertutto e verniciato a spirito a colori
vivaci ed è quello che segnava la distinzione degli agricoltori abbienti, dei fattori
potenti. Il terzo tipo era il più semplice, appena intagliato.
La
ricchezza del carretto si manifestava anche nella bardatura festiva. Pennacchi,
piume, pettorali e sottopancia in lane e
sete ornavano il cavallo che lo tirava. Le strisce di cuoio che gli cingevano i
fianchi erano istoriate e piene di pezzi metallici; alle ruote erano appese
“boccole” tintinnanti. La bardatura
dell'animale era chiamata “armiggi” ed era cosparsa di piccoli specchi
rifrangenti, galloni, nastri. Sui paraocchi erano intagliati i due personaggi
protagonisti delle scene sulle fiancate.
Oggi, che le
strade sono tutte asfaltate e si preferisce girare la città in automobile o con
mezzi pubblici, il carretto ormai viene usato raramente ma, sebbene in via
d'estinzione, lo ritroviamo in alcune manifestazioni importanti. A Canicattì,
per esempio, il 3 maggio si celebra il Santissimo Crocifisso, festa in cui
sfilano decine di carretti siciliani. A Terrasini e a Bronte esiste un “Museo
del Carretto Siciliano” e a Vizzini si organizzano ogni anno sfilate dedicate
ad esso. Come detto all'inizio, ormai è più un pezzo d'antiquariato e in quanto
tale possiamo trovarlo ancora nei centri storici della Sicilia come attrattiva
per turisti, durante eventi popolari quali sfilate, esposizioni e feste
pubbliche, nelle cerimonie folcloristiche e nelle botteghe degli ultimi
artigiani del carretto.
Alla prossima settimana con altre
ricchezze!
Emiliana Modigliani
Foto di Debora Collotta
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