4 giugno 2014

Il carretto siciliano

Salve Amici!
Questa settimana Vi parlerò di un simbolo della Sicilia popolare e religiosa, il Carretto siciliano. Ormai è quasi scomparso e da un oggetto di artigianato è diventato un pezzo di antiquariato. Se ne costruisce ancora qualcuno ma a prezzi elevati. I carradori di vecchia scuola sono pochissimi e vecchi.
La storia del carretto siciliano è antica. Le prime decorazioni risalgono ai primi anni del 1800. Palermo, Catania, Siracusa e Trapani, sono state capitali del folklore del carretto. Nei loro vicoli, nelle loro periferie, nelle borgate, ferveva l'ideazione e la costruzione di questo veicolo che è un lavoro d'arte vero e proprio. Per la sua realizzazione vi lavorava un'intera squadra di falegnami, intagliatori, pittori, fabbri.
Il carretto è composto da cassa, stanghe, fiancate, portello, da ruote a dodici o quattordici raggi, altissime. La sua decorazione è molto ricca con fiori, ricami, foglie di ferro battuto che sono avvitati ovunque e non lasciano un centimetro quadrato senza colore o intarsio. I colori predominanti sono il rosso, il verde e l'azzurro.
La fantasia dell'artigiano si concentrava soprattutto sulle fiancate esterne dove la pittura ricorre alla episodica popolare, alle vicende di santi e di briganti, ai personaggi della tradizione, agli eroi dell'amore.
L'intagliatore incideva le fiancate con episodi della “Gerusalemme Liberata”, Orlando, Carlo Magno, Rinaldo, Angelica, personaggi dell'opera dei pupi. Ma non mancava l'elemento religioso: Adamo ed Eva, miracoli di Gesù. Anche la violenza trova una sua espressione grafica con episodi dei Vespri Siciliani o della vita del bandito Giuliano.
A seconda delle decorazioni e degli intagli, il carretto apparteneva a gerarchie diverse: semplice, padronale, comune. Il semplice era a tinte unite e sola decorazione semplicissima delle fiancate. Il padronale, costruito in legno pregiato (noce, frassino, faggio), era intagliato dappertutto e verniciato a spirito a colori vivaci ed è quello che segnava la distinzione degli agricoltori abbienti, dei fattori potenti. Il terzo tipo era il più semplice, appena intagliato.
La ricchezza del carretto si manifestava anche nella bardatura festiva. Pennacchi, piume,  pettorali e sottopancia in lane e sete ornavano il cavallo che lo tirava. Le strisce di cuoio che gli cingevano i fianchi erano istoriate e piene di pezzi metallici; alle ruote erano appese “boccole” tintinnanti. La bardatura dell'animale era chiamata “armiggi” ed era cosparsa di piccoli specchi rifrangenti, galloni, nastri. Sui paraocchi erano intagliati i due personaggi protagonisti delle scene sulle fiancate.
Oggi, che le strade sono tutte asfaltate e si preferisce girare la città in automobile o con mezzi pubblici, il carretto ormai viene usato raramente ma, sebbene in via d'estinzione, lo ritroviamo in alcune manifestazioni importanti. A Canicattì, per esempio, il 3 maggio si celebra il Santissimo Crocifisso, festa in cui sfilano decine di carretti siciliani. A Terrasini e a Bronte esiste un “Museo del Carretto Siciliano” e a Vizzini si organizzano ogni anno sfilate dedicate ad esso. Come detto all'inizio, ormai è più un pezzo d'antiquariato e in quanto tale possiamo trovarlo ancora nei centri storici della Sicilia come attrattiva per turisti, durante eventi popolari quali sfilate, esposizioni e feste pubbliche, nelle cerimonie folcloristiche e nelle botteghe degli ultimi artigiani del carretto.
Alla prossima settimana con altre ricchezze!




Emiliana Modigliani


Foto di Debora Collotta

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